Un mese in Laos

La perla del sud-est asiatico

Vientiane
La capitale del Laos

Partiti da Palermo a metà Marzo per il nostro primo viaggio in sud-est asiatico, ci siamo uniti ad Atene con uno dei nostri più cari amici, Miglio, primo thefolle che da Berlino ha deciso di vivere con noi questa avventura. Dopo quasi 48 ore di viaggio ed una quindicina di gradi in più, siamo atterrati nel pomeriggio nella capitale del Laos. Appena usciti dall'aeroporto, Vientiane ci ha colpito per il suo filtro da pellicola vintage, vuoi per via del caldo afoso che ne sfumava i contorni tinteggiando tutto di giallo, vuoi per gli enormi intrecci di cavi elettrici che ricoprivano le strade. Lasciati i nostri zaini in hotel, siamo subito usciti a fare due passi e prendere confidenza con quella cultura così distante dalla nostra. Avevamo voglia di scoprire il cibo locale e, con non poche aspettative per il nostro primo pasto laotiano, ci siamo diretti al famoso Night Market. Un posto a dir poco caratteristico, che si affaccia sul Mekong, mentre sull'altra sponda si vedono le luci colorate della Thailandia. L’atmosfera era quella da sagra di paese: chioschi e baracchini uno dopo l'altro, tavoli spartani, prese elettriche sospese che svolazzavano sopra le nostre teste. Senza pensarci troppo siamo entrati nel primo posto che ci ha incuriosito. Il menù era un foglio gigante, pieno di piatti mai visti, con brevi didascalie in laotiano, cinese e un inglese fuorviante. Eravamo curiosi, ma anche titubanti. L’unica cosa su cui non avevamo dubbi era la birra. La mitica BeerLao, la birra nazionale, che ci avrebbe accompagnato fino al nostro ultimo giorno in Laos. Dopo una comica ordinazione tra due mondi completamente diversi, in cui neppure i gesti bastavano per comprenderci, i nostri piatti sono comunque arrivati. Non siamo riusciti a capire davvero cosa stavamo mangiando: sapori a noi sconosciuti, tranne il piccante intenso che molti turisti temono. Durante la cena la nostra attenzione è stata attirata dal tavolo accanto, dove un gruppo di laotiani cenava con una delle tipiche Hot Pot, un mix tra raclette e fonduta, ribattezzata da noi la "Laoclette", che avremmo poi ritrovato in ogni città.
Per un viaggio zaino in spalla come questo, il nostro bagaglio era davvero ridotto all’essenziale, pesava solo 10 chili. Non avevamo portato con noi nemmeno un paio di ciabatte, motivo per cui nel secondo giorno in Laos la nostra missione era trovarle. Per cercarle siamo entrati nel centro commerciale Talat Sao Morning Market un posto che ti catapulta in un film asiatico stile anni ‘70. Sopraffatti dalla quantità di merce presente, siamo usciti da quel labirinto a 5 piani con le nostre fantastiche ciabatte da 35.000,00 Kip, 1.50 euro. A Vientiane siamo rimasti solo pochi giorni, non avevamo un itinerario definito, come per tutto il resto del viaggio; ci limitavamo a passeggiare e ogni volta che qualcosa attirava la nostra attenzione, ci fermavamo. La città è piena di templi buddhisti riccamente decorati sui toni del rosso e dorato. Siamo rimasti incantati dal Wat Si Muang e dal Wat That Khao, che si trovano a pochi minuti a piedi l’uno dall’altro. Il Wat Si Muang è un trionfo di colori: piante in fiore, statue variopinte di esseri antropomorfi, architetture riccamente intarsiate, monaci in preghiera, un avvolgente odore di incenso. Di una bellezza ben diversa il Wat That Khao, un complesso che sembrava abbandonato ma con un fascino decadente che ci ha incuriosito. Complice la luce del sole pomeridiana, la totale assenza di persone, il sorriso sereno di un’enorme statua del Buddha disteso e un branco di teneri cagnolini, ci siamo ritrovati immersi in un’atmosfera surreale. Seguendo la strada verso il centro, siamo arrivati al Patuxay, un arco imponente dedicato ai caduti degli anni ‘60 che combatterono nella lotta per l'indipendenza dalla Francia. Tra una chiacchierata con dei viaggiatori italiani e alcuni video, siamo rimasti fino al tramonto per goderci i suggestivi giochi di luce e acqua nella Fontana Nam Phou. Nell’ultimo giorno a Vientiane abbiamo preso il primo mitico tuk-tuk e ci siamo spostati nella periferia. Attraversando paesaggi rurali, in 30 minuti siamo arrivati al Buddha Park: un grande giardino in cui statue di divinità buddiste e induiste si fondono. Tra rigogliose piante tropicali e farfalle colorate, queste sculture creano una scena dal profondo valore concettuale, proprio come l'aveva immaginata il religioso Luang Pu Bunleua Sulilat nel 1958, quando realizzò questa straordinaria opera d’arte.
Vang Vieng
Il paradiso dei backpackers

Di questa città ci ha colpito immediatamente il senso di libertà e spericolatezza che si respirava nell’aria. Mentre ci dirigevamo verso il nostro hotel, camminando per la polverosa via principale, abbiamo notato una serie di tavole calde, spa, guesthouse e, soprattutto, numerosi noleggi moto. Qui, lo scooter non è soltanto un mezzo di trasporto, è l’essenza stessa dell’avventura. La vera bellezza di Vang Vieng si scopre on the road. Così senza esitare, ne abbiamo noleggiato uno e ci siamo messi in viaggio verso la nostra prima destinazione, Tha Heua. Attraversare quelle strade di terra rossa, era come viaggiare attraverso lo spazio e il tempo. Ogni curva ci portava in un mondo più remoto, mentre percorrevamo ponti pericolanti e sentieri sterrati attraversati da vacche, cani e galline. Era tutto un’armonia di colori: case di legno scuro, talvolta colorate di un sorprendente tono di viola, palafitte di bambù con tetti di paglia, la rigogliosa vegetazione tropicale, la pelle ambrata dei laotiani. Il fascino selvaggio di quei villaggi ci aveva già conquistati. Dopo 40 minuti di viaggio, il panorama al nostro arrivo era paradisiaco. Tha Heua si affaccia interamente su un ampio lago, le cui coste sinuose creano una cornice naturale. Il colore oro della terra si fondeva con le calme acque verde-blu del lago.
In questo paesaggio così sereno, abbiamo vissuto la nostra prima pioggia tropicale in Laos: scenografiche saette si scagliavano sopra la foresta, mentre una pioggia intensa rendeva le piante intorno a noi ancora più verdi e brillanti. Poi, in meno di 20 minuti, il sole del primo pomeriggio è tornato a splendere, e con le strade ancora umide, siamo tornati a Vang Vieng.
Le 6 Blue Lagoon, sparse per tutta l’area cittadina, sono il principale motivo che rende questa città così popolare per il divertimento e l’avventura. Noi ne abbiamo viste 3. Blue Lagoon 1. La laguna più rumorosa e affollata di tutte, dov'è possibile trovare bancarelle di cibo di strada con barbecue piuttosto insoliti di rane, roditori e larve di punteruolo rosso. Dopo aver assaggiato il succo della canna da zucchero e un frullato di avocado, siamo finalmente entrati nella laguna. Tre cose ci hanno colpito immediatamente: l’azzurro intenso dell'acqua, la folla di persone, gli applausi e le grida da stadio per chiunque si tuffava dalle piattaforme di legno disposte lungo i bordi. In mezzo a quel casino scopriamo che nella montagna di fronte, si trova una caverna, e ci avventuriamo subito. Addentrandoci all’interno, con la luce delle torce attraversiamo rocce e cunicoli, arrivando ad un altarino con una statua del Buddha disteso, scenograficamente illuminata da un raggio di sole. Blue Lagoon 3. La laguna più popolare tra la gente del posto. Svariati gruppi di turisti si mescolavano a numerose famiglie laotiane con i loro bambini, e tutti si divertivano a tuffarsi in acqua utilizzando altalene di corda e piattaforme sugli alberi. Il relax la fa da padrone, fra pranzo e post pranzo, fra chiacchiere e discorsi profondi abbiamo finito col passare qui quasi tutto il pomeriggio. Ci siamo rimessi in moto giusto in tempo per vedere la sfera rossa e gigante del sole tramontare dietro quelle montagne dalle forme così singolari.
Vang Vieng è inoltre famosa per i giri in mongolfiera all’alba e al tramonto. E noi, ovviamente, volevamo fare quest’esperienza iconica a tutti i costi. Così abbiamo prenotato questo must to-do laotiano all’alba del nostro ultimo giorno, prima di salire sul treno che ci avrebbe portato verso la città successiva. Eravamo elettrici all’idea di come sarebbe stato. Assieme alle Blue Lagoon, a Vang Vieng è possibile esplorare numerose grotte. Noi eravamo curiosi di scoprire la grotta acquatica Tham Nam. Siamo arrivati nei pressi della grotta nel primo pomeriggio, il sole si era già spostato dietro le montagne, ma c’era ancora molta luce e noi volevamo curiosare dentro la Tham Nam water cave, cui si accedeva galleggiando sopra a grandi camere d'aria, e trascinandosi a braccia con delle corde. Alla fine non è stata così entusiasmante come la immaginavamo, così ci siamo asciugati velocemente e siamo passati alla laguna successiva. Blue Lagoon 4. La nostra preferita. Tra tutte, è quella più immersa nella natura, con colori che vanno dal turchese dell’acqua al nero delle rocce, fino al verde smeraldo delle piante che la circondano. Dopo la lunga strada per arrivare fin lì ci siamo davvero rilassati in quel contesto bucolico. Sulla via del ritorno, però, uno di noi ha iniziato a stare poco bene e di qua a mezzanotte (a sole 6 ore dal volo in mongolfiera) eravamo quasi tutti K.O, chi più chi meno. Eravamo preparati all’idea di non essere immuni ai classici malesseri del viaggiatore, tipici di chi esplora il sud-est asiatico. Per questo avevamo con noi una mini farmacia, perché il ‘non si sa mai’ ha prevalso a mani basse. Le ore passavano ed eravamo sempre più rassegnati che avremmo dovuto rinunciare alla mongolfiera. Poi, inaspettatamente a un'ora dall'appuntamento, due di noi sono riusciti a rimettersi quel tanto che serviva per salire in volo. La meraviglia di Vang Vieng dall’alto, alle prime luci del mattino, è una delle viste più indimenticabili di tutto il viaggio. Fortunatamente non l'unica, visto che non eravamo in tre. Ed eravamo solo alla nostra prima settimana in Laos.
Luang Prabang
L'antica capitale del regno

La capitale culturale è senza dubbio la città più affascinante del Laos, un luogo intriso di storia, tradizioni, spiritualità e natura incontaminata. Qui si conserva ancora un suggestivo rituale buddhista dalle origini antiche: la cerimonia del Tak Bat. All'alba del nostro primo giorno in città, siamo stati svegliati dal ritmico suono di un tamburo. Senza sapere cosa stesse accadendo, siamo corsi fuori e ci siamo trovati ad assistere alla cerimonia dell'elemosina. In silenzio abbiamo osservato uomini e donne inginocchiati ai lati della strada con grosse ceste di riso, che attendevano il passaggio dei monaci. Queste esili figure affascinanti, sfilavano in silenzio una dietro l’altra, appese al braccio avevano ciotole vuote, che i fedeli della comunità riempivano con il famoso sticky rice. Non conoscevamo questa cerimonia, Luang Prabang e la sua atmosfera non potevano affascinarci di più. Il passato coloniale che traspare dagli edifici, il profondo misticismo che pervade i templi e i monaci che li vivono, tutto in questa città manifesta l’essenza culturale di questo popolo. Ci è bastato passeggiare per le vie principali per ammirare il Wat Wisunarat, il tempio buddista bianco dalle forme squadrate e monolitiche, e il Wat Manorom, il meraviglioso tempio rosso e dorato, i cui tetti si sovrappongono formando perfette geometrie. L’Haw Phra Bang, altro magnifico tempio buddista, con triplo tetto spiovente, che si trova all'interno del complesso dove ha sede il palazzo reale. E infine, il Wat Mai uno fra i templi più grandi ed eleganti di Luang Prabang. A torreggiare dalla collina Phou Si si trova il tempio Wat Chom Si, che offre una vista panoramica mozzafiato. Come a Vientiane, anche a Luang Prabang esiste un vivace mercato notturno. Così, un giorno, mentre passeggiavamo nel tardo pomeriggio lungo la via Sisavanagvong alla ricerca del famoso Night Market, l’abbiamo visto comporsi proprio davanti ai nostri occhi. Con movimenti precisi venivano alzate tende per strada fin sopra i marciapiedi, solo un piccolo corridoio centrale consentiva il passaggio. C’erano merci di ogni tipo: tessuti in cotone con trame geometriche, articoli in legno finemente lavorati, abiti con fantasie di elefanti, bottiglie di Whisky e Lao Lao (il distillato laotiano a base di riso) con dentro serpenti, scorpioni e perfino il geco Tokay. Alcuni oggetti dalle forme insolite erano creati con il metallo delle bombe cadute durante la guerra in Vietnam. Tra i vari stand ci siamo soffermati a chiacchierare con un'artista pluripremiata, le cui opere in bianco e nero, realizzate con poche ed eleganti linee, catturavano scene iconiche del Laos: monaci sulle rive del Mekong, ritratti laotiani, figure su vecchie motociclette. Come ogni mercato notturno che si rispetti, non può mancare lo street food. L'area dedicata al cibo si estendeva su una piazza rettangolare, con tavoli e panchine al centro dove gustare i piatti, immersi in un'atmosfera davvero caratteristica. Tra ambulanti che proponevano spiedini di carne o pesce alla griglia, ciotole di noodles, gelati arrotolati e frullati di frutta fresca, noi ci siamo lasciati tentare da un piccolo stand di cucina coreana, dove abbiamo assaggiato dei dumpling deliziosi seppure un fuoco di piccantezza.
Perdersi nei vicoli di Luang Prabang è stato il modo migliore per scoprirne le storie. Camminando senza meta, ci siamo ritrovati in una stradina con botteghe di artisti e artigiani, in fondo alla strada vedevamo scorrere il Mekong. Qui, fra laboratori dove si creano gioielli in argento con l'aiuto di esperti artigiani, abbiamo incontrato Namsa, una piccola artista che ci ha rubato il cuore. Questa bambina stava lì, proprio davanti al cancello di casa sua, con un piccolo banchetto su cui erano sparsi ritagli di fogli: la maggior parte erano ritratti a mezzobusto dipinti con acquerelli o con colori a matita. Dietro di lei, da una porta aperta, s’intravedeva la madre che acconciava i capelli di una cliente. Con Namsa siamo entrati subito in sintonia. Dopo mezz'ora a curiosare insieme a lei i suoi ritratti, le abbiamo chiesto di scegliere per noi, quelli che sarebbero poi diventati i souvenir più preziosi del nostro viaggio in Laos. Allontanandosi dal centro cittadino, a circa un’ora di strada si trovano le suggestive cascate Kuang Si. Il percorso si snoda fra la vegetazione tropicale ed ampie e basse piscine naturali terrazzate in cui l’acqua assume toni che vanno dall’azzurro al verde, per poi arrivare al punto in cui si stagliano maestose le cascate. Qui l’acqua scorre dolcemente su rocce ricoperte da piante dorate, per riversarsi in basso in un grande lago turchese. La vegetazione multicolore tutto intorno fa da cornice a questo paesaggio naturale di rara bellezza. Siamo rimasti qui fino all’orario di chiusura. Abbiamo osservato il ponte che attraversa il grande lago svuotarsi lentamente dalla folla di turisti, finché non è rimasto solo un gruppo di monaci con le loro tuniche color ocra, a contemplare le cascate insieme a noi. Con uno di loro abbiamo avuto modo di chiacchierare sul pulmino per tornare al parcheggio. Incuriosito, ci ha chiesto da dove venivamo, cosa facevamo nella vita, perché eravamo in Laos, quali luoghi avevamo già visitato o avevamo intenzione di vedere. È stato uno scambio breve ma interessante, anche inaspettato, vista l'immagine spirituale che avevamo di loro. A Luang Prabang è legato anche un altro incontro speciale, quello con Mae Vhan e Mae Tum, due elefantesse che per mezza giornata abbiamo seguito nella giungla, osservandole papparsi il loro pranzo giornaliero. Con curiosità abbiamo ascoltato le storie dei loro custodi, i ‘mahut’, una figura presente nell'asia meridionale e in tutto il sud-est asiatico. La vita del mahut è totalmente legata all’elefante, insieme si spostano per il paese e non si separano più per il resto della vita. É stato un privilegio scoprire tante curiosità su queste magnifiche creature da cui il paese prende il nome: l'antico regno del Laos era infatti Lan Xang, che significa proprio ‘il regno di un milione di elefanti‘.
Nong Khiaw​​​​​​​
Il villaggio tra le montagne

Siamo arrivati a Nong Khiaw a bordo di un piccolo minivan strapieno senza aria condizionata. Ogni spostamento in Laos è un’avventura: anche se c’è un orario di partenza, si aspetta di riempire il mezzo e poi si parte. Nong Khiaw è la città più a nord-est che abbiamo visitato, molto vicina al confine vietnamita. Incastonata tra alte montagne, con il fiume Nam Ou che serpeggia nel centro della città, Nong Khiaw è una piccola oasi naturale, dove il tempo scorre tranquillo come le acque del fiume. Lo spirito autentico della vita laotiana si manifesta nella semplicità delle case, nella gentilezza degli abitanti, nella simbiosi coi ritmi della natura. Qui abbiamo assaggiato per la prima volta gli Yaw Khao, i coloratissimi fresh spring rolls, che, diversamente dai classici involtini primavera fritti, vengono preparati con verdure crude, erbe fresche, come coriandolo e menta, il tutto avvolto in fogli di riso. Un piatto imperdibile, leggero e gustoso. Nong Khiaw ci è sembrato il luogo ideale per esplorare in barca i micro villaggi disseminati lungo il percorso del fiume. Quindi un giorno, dopo una colazione nella palafitta dove alloggiavamo, ci siamo diretti al porticciolo. Non eravamo più in tempo per il trasporto pubblico, così abbiamo deciso di trattare con un signore che stava sistemando la sua barca. Menzionando il nome del villaggio che volevamo raggiungere siamo riusciti a concordare il prezzo a gesti. In Laos nulla viene sprecato, nemmeno gli spazi vuoti nelle imbarcazioni, così come per i viaggi in van, anche qui abbiamo atteso che il mezzo si riempisse. L’anziano barcaiolo ha recuperato altre persone e qualche merce che doveva essere trasportata alcune fermate prima della nostra, riempiendo così ogni angolo. Era una barca stretta e lunga, perfetta per il percorso sinuoso del fiume. Sembrava di stare su una foglia, che l’anziano manovrava con maestria fra le correnti. Risalivamo il corso del fiume verso nord, ammirando il paesaggio e le vallate che apparivano davanti ai nostri occhi. Lungo la riva, maestosi alberi tropicali affondavano le radici nell'acqua, creando conche dove alcuni bufali si riposavano galleggiando a pelo d’acqua.
Dopo circa un’oretta, superando atolli e qualche barca di pescatori, eccoci arrivati alla nostra destinazione finale, Muang Ngoi. Siamo stati solo poche ore, ma c’era qualcosa in questo piccolo villaggio che ci ha incantati. Muang Ngoi è adagiato in una delle tante radure che si aprono lungo il percorso del fiume Nam Ou, che è l’unica via per raggiungerlo. Il piccolo porticciolo si sviluppava attorno a una piattaforma galleggiante, dove erano attraccate alcune barche di legno. Gruppi di bambini sguazzavano sulla riva e pittoresche case su palafitte completavano il quadro. Era un villaggio che colpiva per la sua autenticità. Sulla strada principale, i cartelli fatti a mano indicavano i pochi servizi. Guesthouse per turisti, tavole calde e lavanderie da 10.000 kip. Ci ha incuriosito un negozio di tessuti laotiani che offriva lezioni per imparare a filare. Era ora di pranzo e non c’erano molti altri turisti in giro. Ogni tanto le voci dei bambini che giocavano con le mamme davanti alle case e le galline che scorrazzavano libere, interrompevano quell'aura silenziosa. Il villaggio sembrava seguire un orologio proprio, fatto di ritmi lenti e rilassati. Avevamo solo poche ore per esplorare Muang Ngoi, prima che la barca ci riportasse a Nong Khiaw. In fondo alla strada, un cartello viewpoint, indicava verso la montagna che si stagliava di fronte a noi. A meno di mezz’ora di cammino dalla strada principale, sulla cima, c’era un punto panoramico. Ci avventuriamo attraverso un sentiero nella giungla, superando alcune aree di terreno coltivato. In breve tempo arriviamo ad un’ampia vallata dove scorreva un torrente. Un piccolo ponte di tronchi di legno permetteva l’attraversamento. Decidiamo di sederci sul ponticello per un momento di pausa, mentre ci godiamo la natura intorno a noi. D’istinto slacciamo gli scarponcini ed immergiamo i nostri piedi per la prima volta nelle acque del Mekong. Sotto di noi scorreva veloce l’acqua fresca, una vera goduria dopo quei lunghi giorni a camminare da una città all’altra. Qualche minuto in più per asciugarci e ci rimettiamo in cammino verso il punto panoramico. Arrivati su questa piattaforma di bambù sospesa sulla roccia, riprendiamo fiato per l’arrampicata, osservando tutta la vallata che abbiamo attraversato. Ci godiamo la vista immensa per alcuni minuti. Mentre il sole comincia a calare, riscendiamo seguendo il percorso a ritroso fino al porticciolo, dove il nostro barcaiolo ci aspetta per riportarci a Nong Khiaw. Saliamo sulla barca e la luce rossa del tramonto si riflette sulla superficie calma dell’acqua, mentre gruppi di adolescenti si fanno il bagno dopo la calda giornata di sole. In questo momento magico la barca si mette in moto e noi affascinati, osserviamo quel piccolo villaggio scomparire lentamente dalla nostra vista, come fosse stato tutto un sogno. La strada di ritorno ci regala uno dei paesaggi più belli visti in Laos. Era l’ennesimo tramonto con un grande sole rosso fuoco, ma quell’aria calma e quella giornata lo avevano reso speciale. I riflessi brillanti dal viola all'arancione saltellavano sulla superficie del fiume lungo tutto il tragitto, scomparendo solo al nostro rientro a Nong Khiaw.

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