Il giorno dopo siamo tornati a Don Khon per esplorare le cascate Kohn Pa Soi. Questa volta le indicazioni non erano chiarissime, dopo aver pedalato sulla sabbia, siamo entrati nella foresta. Sentivamo il rumore dell’acqua avvicinarsi. Seguendo la mappa ci siamo fermati davanti a un ponte sospeso, su cui erano rimaste solo poche assi di legno, che i pescatori della zona attraversavano per recuperare le reti sul fiume. Uno alla volta, un piede dopo l’altro, attraversiamo il ponte. L’acqua sotto di noi scorreva veloce sulle rocce scure. Arrivati sull’altra sponda, non c'erano più indicazioni, nemmeno sulla mappa. Seguendo dei sentieri appena accennati, ci siamo ritrovati davanti ad ampi terrazzamenti modellati dalla natura, dove l'acqua delle cascate si raccoglieva in conche. Andando avanti, la foresta si faceva sempre più impervia mentre la luce del sole si attenuava. Il tramonto si stava avvicinando. Decidiamo quindi di tornare indietro e proseguire verso l’antico porto francese di Hang Khon, la punta estrema del Laos. Eravamo nel pieno dei festeggiamenti per il capodanno, lungo la strada ci aspettavano bambini pronti a lanciarci gavettoni e spalmarci creme colorate. Completamente fradici siamo passati in mezzo a foreste e risaie, arrivando finalmente al belvedere di Hang Khon, un’ampia terrazza sopraelevata da cui si apriva una vista spettacolare sul Mekong e sulle coste della Cambogia. La breve distanza tra i due paesi quasi si perdeva nell’immensità della portata di quell’acqua verde-azzurra. I festeggiamenti per il Pi Mai Lao volgevano al termine e con loro anche la nostra avventura. L’ultima sera, passando davanti al Reggae Bar per salutare Tiu, veniamo invitati a bere una birra insieme ai suoi amici, e noi accettiamo con piacere. Ci presentiamo a tutti, e subito ecco che uno degli amici esce fuori la domanda: ‘E quindi cosa vi è piaciuto del Laos?’. Avevamo risposto ‘le persone’ perché erano state davvero la parte più significativa di questa esperienza. Dagli host che ci hanno accolto con calore, agli sconosciuti che ci hanno offerto birre senza esitazione, fino ai viaggiatori come noi, con cui in pochi momenti condivisi abbiamo gettato le basi per grandi amicizie. In un mese avevamo visto tutta la luce che emanava la perla del sud-est asiatico, e ce n’eravamo innamorati. La mattina dell’ultimo giorno, seduti sulla barca, ci siamo girati a salutare Don Det, che piano piano rimpiccioliva tra le acque verdi e il cielo azzurro, con la promessa che non sarebbe passato troppo tempo prima di rivederci ancora.